Il frangitore fa la differenza
Non tutto dipende dall’oliva. Molto dipende da come viene franta.
Esattamente come accade nel mondo del vino, ogni cultivar (abbreviazione di cultivated variety), ovvero ogni tipologia di oliva, conferisce al prodotto finale un gusto e un sapore unico, a parità di condizione e tipologia di frantoio.
- Leccino
- Frantoio
- Moraiolo
- Biancolilla
- Coratina
- Ogliarola
- Moresca
- Casaliva
- Nocellara
- Pendolino
La Spagna, che detiene il primato della produzione mondiale di olio, ne conta più o meno la metà delle varietà di olive che vanta l’Italia. Inoltre è l’unico produttore mondiale a tener testa all’Italia per quello che riguarda la maggior varietà di olive.
La presenza di numerose varietà di olive (e quindi di oli) ha creato un fenomeno simile a quello successo con il vino. La carta degli oli sta ormai prendendo piede. Come quella dei vini serve ad abbinare il giusto tipo di olio al piatto più indicato, aprendo nuove possibilità al mondo della cucina e della ristorazione.
La gran parte delle caratteristiche di un olio nascono dall’incontro tra le condizioni climatiche e le caratteristiche del terreno.
Prendiamo la nostra Olivastra Seggianese: se ne prendiamo una pianta e la mettiamo in una qualsiasi altra parte d’Italia o del Mediterraneo non darà mai un olio così speciale come quello che ci regala qui, ma avrà tutto un altro gusto e sapore. Questo vale anche per le differenti condizioni climatiche in cui la pianta cresce e che caratterizzano la nostra zona.
Oltre a queste caratteristiche, ce ne sono altre da tenere in considerazione. O meglio, c’è un luogo ben preciso dove si può fare la differenza. Il frantoio.
Per rendere speciale il prodotto di una cultivar, per evitare spiacevoli inconvenienti, per ottenere l’olio dal sapore perfetto, molto si gioca anche qui. Tantissimo.
”di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici” come ogni bella etichetta recita sontuosamente a lettere maiuscole.
Il frantoio è il luogo della creazione. Qui si può ottenere un buon olio, un ottimo olio che può rappresentare il punto di svolta per un produttore.
Ma il frantoio può essere anche il luogo della distruzione. Dietro l’angolo si possono sempre trovare errori che possono distruggere quanto di stupendo la natura ha creato, in pochissimi minuti.
Ma partiamo dall’inizio.
Le olive devono tassativamente essere raccolte e poi portate al frantoio nel minor tempo possibile, si parla di alcune ore. Questo perché dal distaccamento dell’oliva dall’albero cominciano ad innescarsi delle fermentazioni dovute alle piccole quantità di zucchero contenuto nell’oliva.
Più il tempo tra la raccolta e la frangitura aumenta, maggiore sarà la possibilità di innesco della fermentazione con conseguente creazione di difetti (che ritroveremo nell’olio) riconducibili ad essa, ovvero “riscaldo”, “morchia”, “avvinato”, ecc…
Un buon frantoiano sa esattamente che olive rovinate o in condizioni difettose devono essere lavorate dopo tutte la altre, altrimenti si rovineranno tutte le olive raccolte nella giornata o addirittura, se si tratta di olive già molto difettose, verranno sicuramente scartate e non lavorate.
Dall’arrivo al frantoio fino al passaggio al frangitore, troviamo due situazioni che il frantoiano spera di non dover mai affrontare:
1. Il riscaldo. Si tratta di un odore sgradevole, caratteristico dell’olio estratto da olive ammassate o conservate male. Questa conservazione pone le basi perfette per la fermentazione anaerobica (di cui scrivevamo sopra) che compromette la qualità dell’oliva e, successivamente, dell’olio.
2. Il rancido. Anche qui si parla di un sentore negativo causato dall’ossidazione dell’olio che non viene conservato in maniera idonea e cioè al riparo da fonti luminose, sorgenti di calore e in assenza di contatto con l’aria.
Nel primo caso, se le nostre olive, giungono al frantoio sane (senza attacchi di mosca e nemmeno troppo “invaiate”) entro qualche ora, avremo fatto già un passo importante verso un olio degno di essere chiamato extra vergine.
Nel secondo caso ci dobbiamo affidare al frangitore. Il frangitore, che oggi viene costruito interamente in acciaio inox, è quello che ha sostituito le mitiche macine in pietra di granito. Il concetto delle macine era davvero interessante, avevano un effetto molto meno deciso rispetto agli attuali frangitori a martelli poiché rompevano delicatamente le olive. Le antiche macine, però, avevano il difetto di esporre la pasta all’aria aperta e, di conseguenza, all’ossidazione.
Il frangitore diventa. quindi, fondamentale. Oggi la maggior parte dei frangitori si divide in :
- Frangitori a martelli fissi, elevata velocità di rotazione (2800 giri/min) e griglia di piccolo diametro (5 mm)
- Frangitori a basso regime di giri (1400-1500 giri/min) a dischi o a martelli con griglie a fori più larghi (6-8 mm).
- Frangitori a coltelli, con una o più griglie che ruotano nello stesso senso o in senso contrario.
Le possibilità di scelta sono molteplici. A seconda del frangitore utilizzato si potrà avere un maggiore o minor sminuzzamento della buccia dell’oliva e una maggior o minore estrazione di clorofilla, che conferisce il colore verde all’olio.
Si tratta di un frangitore che lavora a temperature più basse e a un numero di giri minore, che permette di ottenere oli più delicati e armonici, senza troppi squilibri di amaro e piccante. Inoltre il frangitore a coltelli permette una “semi sbucciatura” del nocciolo e non una frantumazione come i martelli.
Questo significa che quasi il 20% delle olive lavorate entrano in gramola senza essere rotte, con il risultato di oli più gradevoli e meno legnosi.
Unica pecca è la resa in olio, che a volte può risultare minore del frangitore a martelli, dovuta al minor sminuzzamento delle olive e quindi un’estrazione meno efficace con la centrifuga.
Quindi si capisce bene che la tipologia di frangitore influirà sia sul colore dell’olio, sia sul gusto (amaro e piccante più o meno spiccati) che sul profumo.
In poche parole su tutto quello che a noi può piacere o meno!
Appare chiara l’importanza di questo passaggio. Il resto del processo produttivo può ancora influire sui vari difetti che si possono poi ritrovare negli oli, ma non va a influire così tanto sull’anima dell’olio così tanto quanto il frangitore.